Gli antichi contadini delle risaie piemontesi ancora oggi pensano, parlano e dialogano tra loro in dialetto, così
come è peraltro in altre regioni. Forse poco sanno d’italiano ma ricordano e raccontano nel loro ricco e colorito vernacolo, denso di memorie sopite dal frenetico, moderno correre delle odierne vicende.
Quei ricordi, e le immagini del tempo, si fanno attuali alla lettura delle poesie di Ettore Ara che pensava e poetava in dialetto piemontese: le poesie della vita in risaia dei contadini di un tempo.
Il suo amore per la risaia e per tutto quanto rappresenta la vita operosa dei protagonisti della risicoltura è racchiuso in un libretto che raccoglie poesie ristampate nel 1912, in quella nuova edizione impreziosita da quadretti con raffigurazioni agresti dell’assai noto pittore Giuseppe Porta.
É narrata in rima la vita dei contadini, delle mondine, del mondo cittadino che ne circonda l’opera per alleviarne in parte la fatica.
Con affetto e sottile umorismo, Ettore Ara descrive e ripete i gesti, i sentimenti e i toni, nell’usato lavoro, nell’armonia della risaia. La ripetizione delle poesie nell’attuale riduzione in lingua italiana, se non consente di cogliere il senso, il tono, l’ironia sottile e la velata mestizia poetica dell’autore pur favorisce a molti la migliore comprensione del testo.
Il capitolo che è stato aggiunto, chiude e descrive la vita dei contadini nella cascina di un tempo; ricorda, quasi nel dettaglio, quale e come era esercitato il lavoro della risaia, le condizioni in cui le famiglie contadine operavano e come vivevano.
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