Un Faldella che si muove tra dialetto da una parte e Crusca dall’altra, che vuole fondere “le ricchezze classiche”
e quelle “vive e popolari”. Una figura di scrittore ironico, distaccato, aristocratico che ha cercato l’“attrito” tra il prezioso, il raro, il dialettale, il popolare. La ricetta, appunto, di quel che sarà il plurilinguismo, la tensione espressionistica di molti grandi scrittori del Novecento (la linea Gadda).
Ma Faldella non è tutto qui. In lui espressionista a volte c’è il miraggio opposto, verso una letteratura di tono medio, “famigliare”, e non “sfaccendata”, letteratura che “ha da essere morale”. In questi momenti è lo scrittore ottocentesco, risorgimentale, impegnato che parla, lo scrittore che si riallaccia alla storia politica dell’Ottocento, che vuole una letteratura prodotta con intento nazionale per “fare gli italiani e farli galantuomini”. Concludendo, una figura complessa, troppo spesso semplificata dai suoi lettori: quella di un innovatore, di uno scrittore che discute la letteratura, che ne discute lo statuto, talvolta le strutture narrative, proprio quando le deforma e le complica, e che si interroga talvolta sui non eludibili compiti culturali e politici che toccano al letterato.
Per Giovanni Faldella Atti del Convegno Nazionale Saluggia, 20 novembre 2004
A cura di Claudio Marazzini e Giuseppe Zaccaria
Prezzo di copertina: 16,00 €
Esaurito
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